mercoledì 23 dicembre 2015

Sperando in un futuro migliore

Alla fine ci sono arrivato. Si chiude un percorso di formazione iniziato nel 2009, per fortuna o purtroppo, grazie alla crisi economica. Avevo già avuto il sentore di guai in arrivo nella ditta dove lavoravo da dodici anni: il calo di lavoro che mi lasciava molti pomeriggi in azienda, invece che nel mio furgone ad effettuare interventi di assistenza tecnica, è stata la molla per fare una scelta che sognavo da diversi anni, ovvero prendere la laurea. Da allora ho iniziato a lavorare part-time, ho cambiato due aziende per problemi economici ed alla fine ho dato una accelerata per tornare sul mercato del lavoro. Stavolta in un settore che per me è stata una vera rivelazione: la geologia. Mai avrei pensato di poter vedere il mondo con occhi diversi ed invece questo è stato, così in 6 anni sono riuscito a laurearmi e ad ottenere l'abilitazione per la libera professione. 

Speravo di arrivare a questo punto in una situazione ben diversa: quando iniziai mi ripetevo che durante i cinque anni di università la crisi sarebbe passata e invece è ancora qui, forse è alla fine, forse no... Almeno proverò a fare un lavoro che sicuramente mi stimola e mi metterà in contatto con tante figure professionali diverse. Vedremo se questo 2016 sarà generoso da questo punto di vista. 
Buone feste, ci risentiremo il prossimo anno anche con la nuova associazione in cui mi sto impegnando, diffondendo il verbo della Terra a tutti coloro che vorranno saperne di più su come funziona il nostro pianeta e su come lo stiamo trasformando.


venerdì 27 novembre 2015

Quando il metano riscaldò il pianeta e potrebbe succedere ancora

In questi giorni in cui si parla di COP 21 e cambiamenti climatici, torna nuovamente il dibattito su quali potrebbero essere gli effetti del riscaldamento globale. Partendo dal presupposto sempre valido che la conoscenza degli eventi passati ci permette di immaginare gli scenari futuri, voglio raccontarvi di cosa successe circa 56 milioni di anni fa, quando anche allora il pianeta si trovava in una fase di riscaldamento (naturale, al contrario di oggi).

 Il clima mondiale degli ultimi 65 milioni di anni.
In evidenza il picco di riscaldamento globale oggetto del post.
Fonte: Wikimedia Commons

Sul finire del Paleocene la temperatura media del pianeta era più alta rispetto ad oggi di circa 4 gradi. Essa iniziò ad aumentare e nel giro di 20 000 anni la Terra si ritrovò di circa 6 gradi più calda, arrivando a un picco di riscaldamento estremo chiamato PETM (Paleocene Eocene Thermal Maximum) in cui la temperatura ai tropici raggiunse i 40 gradi di media. Quello che è stato osservato dai geologi è che la concentrazione di CO2 salì notevolmente, oltrepassando la soglia dei 3000 ppm (attualmente è intorno ai 400 ppm) e provocando un effetto domino sul sistema oceano-atmosfera. 

Stima della concentrazione di CO2 durante il PETM.
Fonte: Pagani et al. (2006)


Una maggior quantità di gas serra contribuì a far salire ancor di più la temperatura e ad inacidire gli oceani con ripercussioni sulla flora e la fauna di allora: l'allargamento delle fasce climatiche tropicali e subtropicali indusse molte specie di terraferma a migrare verso le alte latitudini ed il riscaldamento e acidificazione degli oceani provocò un pesante deficit di fauna marina.

L'ambiente tropicale si espanse fino alle alte latitudini
Fonte: Wikimedia Commons

Non sono ancora chiare le cause possono aver innescato questo fenomeno. E' stato stimato che nell'atmosfera siano stati rilasciati fra i 1550-4500 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e quantità tali possono essere state prodotte solo da una gigantesca attività vulcanica. Questa in effetti era già in corso, dovuta all'apertura dell'oceano atlantico settentrionale. E'stato quindi ipotizzato che il riscaldamento, iniziato nella parte finale del Paleocene, sia da imputare a questo fenomeno geologico. Infine, il continuo innalzamento della temperatura innescò successivamente un altro effetto che provocò l'evento di PETM. 

Nei fondali oceanici e a temperature molto basse si trovano immense quantità di metano cosiddetto metano idrato. La struttura molecolare molto particolare lo rende solido, bloccandolo nei sedimenti. Il trend di riscaldamento può aver provocato un innalzamento della temperatura degli oceani fino a una soglia critica oltre il quale il gas si è liberato ed è risalito fino ad entrare in atmosfera.

Struttura molecolare del metano idrato

Il metano ha un potere di "gas serra" molto superiore all'anidride carbonica e ne bastano concentrazioni decisamente inferiori per ottenere un riscaldamento climatico molto intenso. Si pensa quindi che questo sia stato l'effetto scatenante che ha prodotto il picco massimo di surriscaldamento. 


Quello che serve capire è che con il riscaldamento attuale potremmo provocare emissioni di metano incontrollato come già osservato in alcune zone della Siberia e liberare in atmosfera grandi giacimenti che adesso sono bloccati sotto il permafrost. Si raggiungerebbero condizioni climatiche che il nostro genere Homo non ha mai visto e non sappiamo come il nostro organismo potrebbe rispondere a queste condizioni

L'effetto di una esplosione di metano in Siberia.
Fonte: Corriere.it

venerdì 20 novembre 2015

El Niño, le incognite del clima per il prossimo inverno 2015-2016

Il NOAA (National Oceanic and atmospheric administration) ha diramato un aggiornamento riguardo il fenomeno climatico più famoso del mondo, ovvero El Niño

Per chi non sapesse cosa sia El Niño e come funziona, può leggere l'articolo che scrissi questa primavera, quando già si prevedeva un estate torrida.

Mappa della variazione della temperatura superficiale degli oceani,
rispetto alle medie stagionali. Fonte: www.noaa.gov

Questo 2015 sarà il secondo anno più intenso dopo quello del 1997 e i suoi effetti li abbiamo già notati durante questa estate con un clima caldo e arido nel nostro Mediterraneo. Basta notare l'Oceanic Niño Index (ONI), ovvero la variazione di temperature delle acque superficiali del Pacifico equatoriale.

Annali indicanti l'Oceanic Niño Index. Fonte: www.noaa.gov

L'agenzia americana prevede il picco massimo per il prossimo mese ma i suoi effetti si faranno sentire dalle nostre parti con qualche mese di ritardo, quindi è possibile prevedere un inverno anomalo.

Il precedente: la nevicata del 1985

Gli annali però ricordano che la famosa nevicata dell'85 fu caratterizzata da un autunno particolarmente caldo come quello odierno. Ad esempio, allora la stazione meteo di Firenze Ximeniano registrò a novembre '84 una temperatura massima di 21,4 °C e una minima di 2 °C, a dicembre la temperatura massima arrivò a 16,8 °C e la minima non scese quasi mai sotto lo zero e comunque non sotto i -2,6 °C. Gli scenari sono tutti aperti, quindi.

Dati forniti dal servizio SIR della Regione Toscana











martedì 17 novembre 2015

COP21, la conferenza sul clima si farà

Dopo gli ultimi tragici fatti di Parigi, la conferenza mondiale sul clima prevista per il 7 e 8 dicembre 2015 ha corso il rischio di essere annullata.

Gli organizzatori hanno però assicurato che la Francia non si arrenderà al tentativo di intimorire la popolazione e hanno confermato l'evento, ammettendo che ci sarà un logico innalzamento del livello di sorveglianza.

I leader del G20 appena svoltosi in Turchia hanno confermato che a Parigi sarà adottato un protocollo, un altro strumento legale o un esito concordato con valore legale che confermi l'obiettivo di ridurre il riscaldamento climatico sotto i due gradi.

Gli ambientalisti che si stavano organizzando con un corteo e sit in di protesta hanno confermato che rispetteranno un eventuale divieto di manifestare, qualora persistesse uno stato di emergenza sicurezza.

Per maggiori informazioni vi consiglio di visitare il sito ufficiale di COP21.



martedì 10 novembre 2015

Inizia una nuova avventura

Un seme è stato piantato, adesso bisogna farlo germogliare. 

Scrivo questa nota per presentare a tutti un nuovo progetto su cui mi sto spendendo personalmente: sta per aprire una nuova associazione che ha come finalità la diffusione di un diverso modo di vedere l’ambiente e la natura che ci sta intorno. Dalla mia esperienza personale, mi sono reso conto di quanto ci sia bisogno e fame di sapere più approfonditamente riguardo gli eventi naturali che ormai quasi quotidianamente ci colpiscono. Con questo animo intendo cercare di fare divulgazione anche a chi non sa niente di geologia. Conoscere come siamo arrivati sin qui, lungo i quattro miliardi e mezzo di storia del nostro pianeta, imparando dagli eventi del passato e comprendere come la natura reagisca alle nostre azioni di oggi. Riuscire a dare il giusto peso a termini ormai abusati come “riscaldamento globale”, “rischio sismico”, “dissesto idrogeologico”. Informare perché ognuno possa capire perché non possiamo costruire come e dove vogliamo, non possiamo consumare le risorse quanto vogliamo, non possiamo piegare la natura al nostro volere; piuttosto dobbiamo conoscerla e trovare il giusto compromesso per vivere meglio.

Principalmente ci saranno escursioni ed esplorazioni ma spero anche conferenze, laboratori... Sto creando uno spazio libero sia per chiunque abbia voglia di apprendere che per chi abbia voglia di contribuire con la propria conoscenza. Tutti sono i benvenuti.

Per qualunque informazione contattatemi pure tramite messaggio privato.



Da dove nasce questo progetto?

Scelsi geologia leggendo la lista dei corsi sulla guida dello studente. Mi erano sempre piaciute le scienze naturali, specialmente i terremoti e i vulcani. Mi riaffacciavo dopo dodici anni nel mondo della scuola e sapere che a parte matematica, chimica e fisica, tutti gli altri corsi sarebbero stati nuovi anche per dei freschi liceali, mi aveva dato la spinta a iscrivermi, realizzando un sogno che coltivavo da diversi anni.

Da allora vedo il mondo con occhi diversi: quella “deformazione mentale” e quel “sentimento geologico” che mi hanno fatto sorridere quando li ho sentiti pronunciare dai docenti durante le lezioni, si sono letteralmente impossessati di me. Luoghi e angoli di mondo, anche i più comuni, visti e rivisti decine e centinaia di volte durante la mia vita, mi appaiono oggi assieme alla loro storia e le trasformazioni che la natura ha operato perché adesso io possa riconoscere la ragione della loro esistenza.

Quando si comprende il perché di una cosa, automaticamente nasce il desiderio di conoscerla più a fondo e di preservarla, magari migliorarla, abbellirla e celebrarla. Questo mi ha spinto a confrontarmi con altri colleghi che, come me, sono stati rapiti da quel mistero che sta scritto in ogni roccia e che può essere svelato solo da chi ne comprende la vera natura. Ho chiesto loro se fossero stati interessati a continuare quel viaggio iniziato insieme, facendolo uscire dai laboratori universitari e dagli studi professionali, portandolo fra la gente che ancora non presta abbastanza attenzione a ciò che gli succede intorno.

Adesso eccomi qui, assieme a un piccolo gruppo di amici, pronto per iniziare questa nuova avventura.


martedì 3 novembre 2015

GeoTrip #6: La Valle del Sestaione e i segni della glaciazione

Al confine fra Toscana ed Emilia Romagna c'è una piccola valle che, quasi unica nel suo genere, ha conservato durante i millenni la testimonianza di un antico passato, quando i ghiacciai perenni opprimevano le Alpi e anche sull'Appennino Settentrionale lingue di ghiaccio scendevano dai rilievi più alti e modellavano il paesaggio. Un mondo dove si muoveva l'uomo sul finire del Paleolitico assieme all'orso delle caverne, il camoscio alpino, la marmotta e specie visibili ancora oggi (come daini, cervi, cinghiali, comunque tutti reintrodotti successivamente perché scomparsi).



La Valle del Sestaione è uno dei rarissimi luoghi dell'Appennino settentrionale dove ancora è possibile vedere tracce di quella "era glaciale", sia nella flora che sulle rocce affioranti, nonché nella conformazione del paesaggio.

Partendo dall'Orto Botanico Forestale dell'Abetone (aperto durante la stagione estiva), si arriva alla fine della strada provinciale 20 e ci si inoltra lungo il sentiero CAI 104.
Il primo tratto è interessante dal punto di vista naturalistico in quanto è subito visibile la presenza di Abete rosso, una piante tipicamente alpina ma che qui è rimasta grazie a un microclima favorevole (studi dell'Università di Firenze hanno evidenziato la sua presenza nella valle già 18000 anni fa, in pieno periodo glaciale). In aree molte localizzate, caratterizzate dalla presenza di acqua tutto l'anno e riparate dal sole (si parla di fazzoletti di pochi metri quadrati) invece è possibile osservare ancora una flora tipicamente alpina, praticamente sconosciuta a queste latitudini, come la Pinguicula Vulgaris e alcuni tipi di genzianacee.


Salendo, il bosco di faggio lascia gradualmente lo spazio al mirtillo, tipico di ambiente di brughiera. Si arriva quindi alla quota limite della vegetazione aperta, poco sopra i 1700 metri sul livello del mare. Si raggiunge quindi il Lago Nero, chiamato così dal colore scuro del suo fondale, caratterizzato da argille ricche di minerali ferrosi. 


Già alla prima occhiata ci accorgiamo di trovarci davanti a una specie di anfiteatro; i rilievi costituiti esclusivamente di arenaria Macigno, tipica di questa parte di Appennino, assumono una conformazione che tende a racchiudere il lago e l'area circostante in un abbraccio. Quello che vediamo è comunemente chiamato "circo glaciale", è la zona accumulo principale dell'antico ghiacciaio che fino a circa 10 000 anni fa occupava la zona. Il lago Nero infatti non è altro che la zona di massimo effetto erosivo del ghiacciaio che molto lentamente avanzava verso il fondo valle sotto forma di lingue di ghiaccio. Nella zona se ne contano almeno tre. 


La "prova regina", ovvero la testimonianza principale dell'esistenza di un antico ghiacciaio, la si ha scendendo lungo la sponda del lago che dà verso il rifugio del Cai: una roccia levigata su cui compaiono numerose lineazioni orizzontali e parallele. Questo è il segno dei sedimenti trascinati dal ghiacciaio verso valle, che hanno inciso profondamente la roccia sottostante e che millenni di piogge ed erosione non sono ancora riusciti a cancellare.


Infine, vi suggerisco di continuare il sentiero che passa sopra il lago fino al Passo Fariola, fra la Valle del Sestaione e la Val di Luce. A parte l'orrore degli impianti sciistici, avrete la possibilità di vedere, se la giornata lo consente, le Alpi all'orizzonte. Quasi trenta milioni di anni fa, da laggiù arrivavano attraverso frane sottomarine i sedimenti che, diventati roccia, adesso formano parte dell'Appennino Settentrionale, in primis proprio le rocce che vediamo oggi in questo GeoTrip, le arenarie dette del Macigno.

Se avete ancora un poco di tempo, vi consiglio di continuare per arrivare al Lago Piatto per godere del panorama.



In aggiunta, un video improvvisato che non ha alcuna pretesa se non quella di far vedere le bellezze della zona.

martedì 20 ottobre 2015

Settimana della Terra 2015

Come ogni anno torna la Settimana della Terra, stavolta dal 18 al 25 ottobre, che promuove la conoscenza del nostro patrimonio naturale che va dalle montagne e i ghiacciai ai fiumi, alle coste fino ai vulcani.



In questa settimana sono previste numerose iniziative sparse in tutto il territorio che riguardano escursioni, conferenze, laboratori didattici, workshop e tutto ciò che possa promuovere una sensibilità ambientale e scoprire meraviglie che agri abbiamo a due passi da casa.

L'iniziativa vuole inoltre avvicinare i giovani alla scienza, poiché la natura è la sintesi di tutte le discipline scientifiche; in essa ritroviamo matematica, fisica, chimica, biologia, geologia e molto altro.


mercoledì 14 ottobre 2015

Torna #ionorischio 2015

Il 17 e il 18 ottobre torna la campagna di prevenzione contro i vari tipi di rischio (alluvioni, terremoti, maremoti). A Pistoia sarà presente l'ANPAS per informare la popolazione sul rischio sismico.


Cosa è #ionorischio ?

(Tratto dal sito ionorischio.it)
Io non rischio è una campagna di comunicazione nazionale sulle buone pratiche di protezione civile. Ma ancora prima di questo, Io non rischio è un proposito, un’esortazione che va presa alla lettera. L’Italia è un paese esposto a molti rischi naturali, e questo è un fatto. Ma è altrettanto vero che l’esposizione individuale a questi rischi può essere sensibilmente ridotta attraverso la conoscenza del problema, la consapevolezza delle possibili conseguenze e l’adozione di alcuni semplici accorgimenti. E attraverso conoscenza, consapevolezza e buone pratiche poter dire, appunto: “io non rischio”. E' la pacifica battaglia che ciascuno di noi è chiamato a condurre per la diffusione di una consapevolezza che può contribuire a farci stare più sicuri.

Novità del 2015: le mappe interattive dei vari tipi di rischio, per comprendere maggiormente come l'Italia sia un paese con un elevato rischio.

lunedì 5 ottobre 2015

Eventi estremi e consumo del suolo

Vi propongo l'intervento di Nicola Casagli, professore ordinario di Geologia Applicata e di Geotecnica e Geomeccanica all'Università di Firenze, durante il convegno "Workshop LIFE+IMAGINE: Gestione integrata in area costiera, focus su eventi estremi e consumo del suolo" tenutosi a settembre 2015.



"Frane ed eventi estremi" spiega come il consumo indiscriminato di suolo, una errata gestione del territorio ed una inadeguata legislazione siano concausa diretta degli eventi disastrosi che si susseguono giornalmente nel nostro paese, ovvero più di 8000 frane e più di 6200 alluvioni fra il 2011 ed il 2015 (solo fra quelle riportate dai mezzi di informazione, quindi meritevoli di essere riportate). 

martedì 26 maggio 2015

El Niño e La Niña, i più famosi fenomeni climatici

Ricordo ancora quando per la prima volta sentii parlare di El Niño alla televisione. Sembrava che fosse la causa delle anomalie climatiche di quel maledetto 2003 in cui la siccità lasciò molte città a secco.

Il nome legato a questo fenomeno si basa sul fatto che si manifesta con ciclicità irregolare al largo delle coste pacifiche del Sud America sotto il periodo natalizio; El Niño si ispira quindi alla imminente nascita di Gesù Bambino


E' tutta una questione di alisei.


Gli alisei sono i venti prevalenti che si muovono da est verso ovest alle basse latitudini. Sono generati, assieme agli altri venti prevalenti quali i "venti occidentali" e i venti polari, dalla combinazione del moto rotatorio terrestre che devia il moto convettivo dell'aria (chiamata "Cella di Hadley") che sale dalle zone equatoriali calde ed umide fino alle latitudini sub equatoriali, dove riscendono al suolo.


Trades: Alisei
Westerlies: Venti Occidentali
Immagine tratta da: WIkimedia.org
Quando gli alisei sono deboli, le acque calde del pacifico occidentale riescono a lambire le coste orientali ed impedire la risalita di acque fredde e profonde, ricche di nutrienti per gli organismi marini, tanto che l'economia basata sulla pesca delle città che vi si affacciano, ne risente; contemporaneamente in atmosfera si hanno piogge più intense che provocano spesso frane, smottamenti e valanghe di fango sui rilievi.
Condizioni di El Niño
Per contro, quando gli alisei sono particolarmente potenti si ha l'effetto opposto, ovvero le acque calde del pacifico orientale vengono schiacciate da quelle fredde che provengono da est, producendo in Sud America inverni freddi e molto aridi; in contrapposizione a El Niño, questo effetto è stato battezzato La Niña

Condizioni di La Niña


Il video seguente spiega molto bene i concetti espressi, nonostante sia in lingua spagnola:



El Niño del 2015

Per quest'anno il NOAA americano ha confermato la presenza di El Niño fino all'estate e questo ha fatto prevedere una estate calda a secca nel Mediterraneo. Tuttavia il processo di circolazione atmosferica che lega Mediterraneo e Oceano Pacifico non è ancora del tutto chiaro, vista la sua complessità.

L'immagine sotto rappresenta quello che il NOAA ha definito come ONI (Oceanic Niño Index), ovvero la variazione di temperature delle acque superficiali del Pacifico equatoriale. Quando si hanno più mesi consecutivi con temperature più alte di 0.5 °C si parla di El Niño, se sono più basse invece di La Niña. Si può facilmente notare come dall'autunno 2014 le medie trimestrali siano state sempre molto alte.


Fonte: NOAA

giovedì 21 maggio 2015

Verso la conferenza sul clima di Parigi 2015

Il 22 giugno 2015 a Roma si terranno gli Stati generali sui cambiamenti climatici e la difesa del territorio in Italia.



Sindacati, associazioni di industriali, ambientalisti, agricoltura, ricerca e tutto il mondo delle imprese coinvolto su questo tema, discuteranno delle proposte, contributi e la definizione dell'agenda che verrà presentata entro la fine dell'anno a Parigi, in occasione della 21ª Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC).

L' Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha diffuso poche settimane fa una serie di dati che mostra come nel 2014 a fronte di uno stallo delle emissioni nel settore energetico si è verificato un aumento di PIL a livello globale. In Europa le emissioni sono diminuite del 19% tra il 1990 e il 2013, mentre nello stesso periodo il PIL è cresciuto del 45% (CE, 2015 ). Questo dimostra come la riduzione delle emissioni nocive possa essere un fattore che favorisce la crescita economica. E' già previsto che i paesi dell'Unione Europea (UE) riducano entro il 2030 le proprie emissioni di gas serra del 40% rispetto ai livelli del 1990. 

L'Unione Europea ha valutato che investendo 1 euro oggi per la protezione dalle inondazioni, se ne risparmieranno 6 nel futuro (EC, 2013). 
Tutto questo però si scontra con quello che succede in Italia, dove si preferisce non investire 1 euro ma aspettare che avvenga il disastro, così le aziende vincitrici degli appalti per i ripristini ne guadagneranno 7. (vedi mio post dopo l'ultima alluvione di Genova)

Eppure è risaputo che al momento attuale, il settore lavorativo che promette il maggior sviluppo economico (che si traduce in maggior occupazione) è proprio il settore "green", ovvero lo sviluppo di tecnologie per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, sistemi di salvaguardia dal rischio di inquinamento dei terreni e delle falde acquifere, opere ingegneristiche per la messa in sicurezza del territorio e altro ancora.

Nel sito governativo #ItaliaSicura sono disponibili i contributi dei soggetti che parteciperanno a questa iniziativa.




mercoledì 20 maggio 2015

Dopo 30 anni arrivano le nuove linee guida per il dissesto idrogeologico

Con ancora nella mente i disastri di Genova, Sardegna, Messina, Sarno e Quindici per dirne solo di alcuni dei più famosi, cui ho dedicato anche un post polemico, finalmente a Palazzo Chigi arrivano le nuove linee guida per intervenire nei contesti più a rischio.



"Vietati gli interventi di cementificazione e restringimento delle sponde fluviali o la copertura di fiumi e torrenti che hanno enormemente aumentato alluvioni e allagamenti. In coerenza con prescrizioni che saranno emanate da tutte le autorità di bacino, saranno possibili diversi interventi, sia strutturali come casse di espansione o vasche di laminazione delle piene e canali scolmatori, sia nuove opere previste come obbligo dallo Sblocca Italia dei 'contratti di fiume' per riqualificare e rinaturalizzare tratti fluviali."

Quindi innanzitutto stop al cemento che impermeabilizza i terreni, alla ricerca di pochi metri di suolo edificabile a scapito della sicurezza degli argini e delle persone in caso di alluvione. Questo vuol dire prevedere nuovi vincoli da parte delle Regioni che sono chiamate a identificare le aree a rischio ancora non tutelate. Chissà se l'adozione delle nuove linee guida influirà anche il settore vivaistico pistoiese, che con l'impermeabilizzazione dei terreni per la vasetteria ha scatenato non poche polemiche soprattutto nella piana.



Al contempo le linee guida indirizzano la progettazione delle opere di intervento sulle aste fluviali, favorendo la costruzione di casse di espansione, vasche di laminazione, canali scolmatori e altro sia necessario per la salvaguardia del territorio.
Queste opere sono sicuramente utili se progettate con criterio e non come il progetto della cassa di espansione ai Laghi Primavaera che potrebbe trovare nuova "forza" da queste linee guida.




martedì 12 maggio 2015

Giornate Scientifiche a Firenze con l'Associazione Italiana per lo Studio del Quaternario

AIQUA promuove un incontro tra gli specialisti italiani attivi nei diversi campi di ricerca quaternari, alcuni dei quali saranno oggetto di interventi specifici durante il congresso INQUA (International Union for Quaternary Research) che si terrà in Giappone nel prossimo mese di luglio.



Avremo il piacere di ospitare comunicazioni orali (durata 15 o 5 min) sia dei partecipanti al congresso (come anticipazioni per la comunità italiana) sia di chi per motivi diversi non potrà prendervi parte.

Nell’ambito delle diverse sessioni, che faranno capo alle 5 commissioni INQUA (CMP, HABCOM, PALCOMM, SACCOM, TERPRO), saranno approfondite le tematiche e le posizioni italiane sugli argomenti di maggiore interesse e di rilevanza internazionale.

Auspichiamo che dall’incontro, ed in particolare dalle discussioni e dalla tavola rotonda che chiuderà ogni giornata di lavoro, possa scaturire un contributo integrato sulla stato della ricerca sul Quaternario in Italia firmato da tutti i partecipanti ai lavori che potrà aprire il fascicolo di AMQ (ora in Scopus) che ospiterà i contributi scritti relativi alle comunicazioni presentate nel corso di queste giornate scientifiche.

18 giugno 2015

10.15-10.30. Apertura dei lavori e presentazione dei giovani partecipanti al Premio AIQUA per Nagoya.

10.30-11.00. Presentazione della proposta italiana per sede INQUA 2019. Intervento di F. Chiocci.
11.00 -12.30. Uomo e Biosfera. Convener D. Magri

PAUSA PRANZO

14.00-15.30. Processi, Depositi e storia degli ambienti terrestri. Convener G. Monegato
15.30 -18.00. Processi costieri e marini. Convener F. Antonioli
18.00. Tavola rotonda con coordinatori e convener delle sessioni

19 giugno 2015

8.30. Apertura con nomina commissione scrutinatrice elezioni AIQUA
9.00 -10.30/11. Paleoclima, Convener G.Zanchetta
10.30-12/12.30. Assemblea Soci AIQUA e Votazioni (Chiusura delle votazioni ore 13)
14.00 -16.30/17. Stratigrafia e cronologia. Convener F. Lirer
16.30/17. Sintesi e Tavola Rotonda presieduta da MB Cita con coordinatori e convener delle sessioni

MODALITA’ DI ISCRIZIONE

Le giornate scientifiche si svilupperanno in modo del tutto informale, sono gratuite e aperte a tutti.

E’ comunque obbligatorio procedere all’iscrizione (adele.bertini@unifi.it) sia per le comunicazioni che per la sola partecipazione. Il numero massimo di iscritti è fissato a 100 persone in base alla capienza della sala, precedenza sarà data ai Soci AIQUA.

Ricordo che L'Italia si è ufficialmente candidata per ospitare il congresso internazionale INQUA nel 2019.



martedì 28 aprile 2015

Magnitudo di un terremoto

Scrivo questo post per mettere un po' di chiarezza su come viene indicata l'intensità delle onde sismiche, ormai "quasi" entrate a far parte del vivere quotidiano, grazie alle app per smartphone che ci informano in tempo reale dei terremoti che vengono registrati dal nostro organismo principale di sorveglianza, l'INGV.

Talvolta è capitato che dopo un terremoto venisse pubblicata una certa Magnitudo, ricavata dai valori rilevati dai sismografi della rete nazionale per poi modificarne leggermente il valore; l'ultimo caso proprio per il sisma principale del 23 gennaio 2015 sull'Appennino tosco-emiliano in cui un valore di 4,1 è stato modificato in 4,3. In questa occasione è cambiata l'unità di misura utilizzata poiché non esiste una sola "Magnitudo" e vi sono alcune differenze fra i vari tipi.

Esempio di sismogramma prodotto dal sismografo dell'Università di Firenze

Cosa si intende per Magnitudo

Innanzitutto è bene precisare che il concetto di Magnitudo è stato introdotto da Richter nel 1935 per esprimere l'intensità di un terremoto in termini di scientifici ovvero attraverso una grandezza misurabile con strumenti, quindi non soggetta a parametri soggettivi come ad esempio la Scala Mercalli che si basa sull'entità dei danni (quindi variabile rispetto alle tecniche di costruzione degli edifici e delle opere urbanistiche in genere).

Magnitudo Locale (Ml)

Introdotta sempre da Richter, è la più diffusa e indica il rapporto fra l'ampiezza del segnale registrato da un sismografo e un segnale standard, rappresentato dalla traccia di 0,001 mm registrata da uno strumento specifico (sismografo orizzontale a torsione del tipo Wood-Anderson) in occasione di un terremoto con epicentro distante 100 km. Questo rapporto, espresso come logaritmo, ha permesso la costruzione di quella che viene conosciuta comunemente come la Scala Richter. Alla base vi è la Magnitudo 0, ovvero un terremoto con ampiezza registrata pari a quella standard; se l'ampiezza fosse inferiore avremmo quindi una magnitudo negativa. Siccome quello che viene messo in relazione è un valore di ampiezza registrata da un sismografo, non abbiamo una misura diretta dell'energia rilasciata durante il sisma ma essa è proporzionale all'ampiezza del segnale registrato elevata alla 3/2: in parole semplici, un sisma di Magnitudo 4 rilascia un'energia 31,6 volte più potente di uno di Magnitudo 3 e 998,56 volte (31,6 * 31,6) di uno di Magnitudo 2; quindi si eleva il valore di 31,6 a una potenza pari la differenza di Magnitudo interessata. Per rendere questo concetto più semplice da capire, viene fatta un' equivalenza fra Magnitudo e quantità di TNT necessaria per riprodurre lo stesso effetto, qui di seguito riporto la tabella presente anche su Wikipedia. A titolo di esempio è bene ricordare che la quantità di TNT rilasciata dalla bomba atomica di Hiroshima corrisponde a un sisma di Magnitudo fra il 4 e il 5...

Scala Richter
MagnitudoTNT equivalenteFrequenza
01 chilogrammocirca 8 000 al giorno
131,6 chilogrammi
1,5178 chilogrammi
21 tonnellatacirca 1 000 al giorno
2,55,6 tonnellate
331,6 tonnellatecirca 130 al giorno
3,5178 tonnellate
41 000 tonnellatecirca 15 al giorno
4,55 600 tonnellate
531 600 tonnellate2-3 al giorno
5,5178 000 tonnellate
61 milione di tonnellate120 all'anno
6,55,6 milioni di tonnellate
731,6 milioni di tonnellate18 all'anno
7,5178 milioni di tonnellate
81 miliardo di tonnellate1 all'anno
8,55,6 miliardi di tonnellate
931,6 miliardi di tonnellate1 ogni 20 anni
9,5178 miliardi di tonnellate
101000 miliardi di tonnellatesconosciuto



Magnitudo momento (Mw)


E' stata introdotta negli anni '70 per ottenere una stima dell'intensità di un terremoto. All'ampiezza del segnale registrato dal sismografo vengono aggiunti parametri geologici quali il prodotto tra area di faglia, dislocazione e la resistenza delle rocce, ovvero il momento sismico in termini di lavoro come grandezza fisica (Newton x metro). E' un procedimento analitico complesso ma in caso di forti terremoti è più preciso della Magnitudo locale (che viene indicata inizialmente perché più veloce da determinare, salvo poi essere sostituita da un valore più preciso).


Magnitudo delle onde di volume (Mb)


Sono le onde primarie o onde P, le prime e le più veloci, quindi generalmente sono le prime ad essere rilevate dai sismografi. Sono utilizzate per avere un'idea immediata dell'intensità di un terremoto avvenuto a grande distanza ma presentano il problema di andare "a saturazione" per valori di magnitudo pari o superiori a 6, tendendo a un valore costante anche in caso di terremoti più intensi.

Rappresentazione delle onde P. 

Magnitudo delle onde di superficie (Ms)


Sono le onde cosiddette di Rayleigh e sono caratterizzate per propagarsi essenzialmente sulla superficie della crosta terrestre con un moto rotatorio simile alle onde del mare (hanno un movimento retrogrado). La loro misurazione è uno standard in Cina per la classificazione dei terremoti. 



Rappresentazione delle onde di Rayleigh.


Magnitudo durata (Md)

Serve per calcolare l'intensità di eventi locali o regionali. Si basa sulla misura della durata del sismogramma; maggiore è la magnitudo di un evento, maggiore sarà la durata della registrazione. Questo tipo di magnitudo è principalmente utilizzato dagli organi di Protezione Civile.

domenica 26 aprile 2015

Terremoto in Nepal del 25 aprile 2015

Il giorno 25 aprile 2015 una scossa di magnitudo 7.7 ha colpito la regione di Kathmandu. Al momento di scrivere questo post le vittime sono oltre 2000 e molti sono sia i feriti che i dispersi; inoltre altre due scosse di 6.4 e 6.7 si sono succedute insieme a molte altre di assestamento. Qualcuno avrà sentito ai telegiornali la ormai solita frase "Era una catastrofe annunciata" ed in effetti è vero; come spesso accade, la combinazione micidiale fra una sconsiderata attività costruttiva e una regione altamente sismica quale è la catena Himalayana, può produrre queste catastrofi.

Le immagini della distruzione a Kathmandu tratte da SKY TG24

Evoluzione Tettonica 

La catena montuosa denominata Alpino-Himalayana, che parte dal sudest asiatico fino all'Africa nordorientale, fa parte dell'ultimo ciclo orogenico (ovvero di nascita ed evoluzione delle montagne) detto Alpino. La placca africana si è scontrata con quella euroasiatica, così come quella arabica, australiana e indiana. Proprio quest'ultima, andando in subduzione  rispetto alla placca euroasiatica, ha generato l'Himalaya.

Nel riquadro, in rosso i rilievi montuosi dell'Himalaya, in verde le zone pianeggianti e in giallo le zone montuose più basse.
L'India, staccatasi dalla placca Africana nel Cretaceo circa 100 milioni di anni fa, si è diretta con una velocità geologicamente sostenuta (attualmente si muove a circa 3,6 cm/anno ma precedentemente era sicuramente maggiore) verso nord fino a incontrare l'Asia; circa 50 milioni di anni fa, le forze contrapposte delle due placche hanno iniziato a formare quelle che oggi sono le montagne più alte del mondo.

A sinistra il movimento della placca indiana dal Cretaceo superiore ad oggi.
A destra il modello tettonico che spiega l'evoluzione della catena Himalayana

I terremoti storici

In pochi milioni di anni, le forze tettoniche hanno costruito quelle che sono le montagne più alte del mondo. Questo dovrebbe rendere l'idea delle enormi energie che vengono accumulate in quest'area del pianeta e che poi vengono rilasciate dai terremoti.

La zona colpita dal sisma non è nuova a terremoti di grande intensità ed esistono parecchi studi al riguardo. Nell'immagine seguente sono riportati gli epicentri datati di alcuni degli ultimi terremoti e la disposizione delle faglie che li hanno generati; sono fronti di accavallamento ancora attivi perché la placca indiana non ha ancora smesso di muoversi verso nord.
Schema delle strutture e degli epicentri di alcuni terremoti storici nell'area dell'Himalaya interessata anche dal sisma del 25 aprile. Fonte J.L. Mugnier et al., 2011

Il suolo come fattore determinante per il rischio sismico

La città di Kathmandu, colpita direttamente dal sisma, si trova all'interno di un bacino caratterizzato da sedimenti sciolti con sabbie e limi, distribuiti su piani paralleli. Quando le onde sismiche colpiscono gli strati sabbiosi, i grani iniziano a vibrare e l'acqua contenuta nei pori viene spinta verso l'alto dalla sovrappressione indotta; i limi quindi si fluidificano e il suolo si deforma, facilitando il crollo delle abitazioni.

Schema di fluidificazione del terreno durante un terremoto.
Fonte: J.L. Mugnier et al., 2011 (modificata)

Qui di seguito vi mostro un esempio di cosa succede durante un evento di liquefazione del suolo in occasione di un terremoto.




Questo è quello che succede in Giappone e conosciamo bene la qualità costruttiva degli edifici del paese del Sol Levante... Ma se pensiamo alle case di Kathmandu, costruite senza le dovute precauzioni, possiamo ben immaginare (e purtroppo vedere) quale può essere il grado di distruzione.