venerdì 27 novembre 2015

Quando il metano riscaldò il pianeta e potrebbe succedere ancora

In questi giorni in cui si parla di COP 21 e cambiamenti climatici, torna nuovamente il dibattito su quali potrebbero essere gli effetti del riscaldamento globale. Partendo dal presupposto sempre valido che la conoscenza degli eventi passati ci permette di immaginare gli scenari futuri, voglio raccontarvi di cosa successe circa 56 milioni di anni fa, quando anche allora il pianeta si trovava in una fase di riscaldamento (naturale, al contrario di oggi).

 Il clima mondiale degli ultimi 65 milioni di anni.
In evidenza il picco di riscaldamento globale oggetto del post.
Fonte: Wikimedia Commons

Sul finire del Paleocene la temperatura media del pianeta era più alta rispetto ad oggi di circa 4 gradi. Essa iniziò ad aumentare e nel giro di 20 000 anni la Terra si ritrovò di circa 6 gradi più calda, arrivando a un picco di riscaldamento estremo chiamato PETM (Paleocene Eocene Thermal Maximum) in cui la temperatura ai tropici raggiunse i 40 gradi di media. Quello che è stato osservato dai geologi è che la concentrazione di CO2 salì notevolmente, oltrepassando la soglia dei 3000 ppm (attualmente è intorno ai 400 ppm) e provocando un effetto domino sul sistema oceano-atmosfera. 

Stima della concentrazione di CO2 durante il PETM.
Fonte: Pagani et al. (2006)


Una maggior quantità di gas serra contribuì a far salire ancor di più la temperatura e ad inacidire gli oceani con ripercussioni sulla flora e la fauna di allora: l'allargamento delle fasce climatiche tropicali e subtropicali indusse molte specie di terraferma a migrare verso le alte latitudini ed il riscaldamento e acidificazione degli oceani provocò un pesante deficit di fauna marina.

L'ambiente tropicale si espanse fino alle alte latitudini
Fonte: Wikimedia Commons

Non sono ancora chiare le cause possono aver innescato questo fenomeno. E' stato stimato che nell'atmosfera siano stati rilasciati fra i 1550-4500 miliardi di tonnellate di anidride carbonica e quantità tali possono essere state prodotte solo da una gigantesca attività vulcanica. Questa in effetti era già in corso, dovuta all'apertura dell'oceano atlantico settentrionale. E'stato quindi ipotizzato che il riscaldamento, iniziato nella parte finale del Paleocene, sia da imputare a questo fenomeno geologico. Infine, il continuo innalzamento della temperatura innescò successivamente un altro effetto che provocò l'evento di PETM. 

Nei fondali oceanici e a temperature molto basse si trovano immense quantità di metano cosiddetto metano idrato. La struttura molecolare molto particolare lo rende solido, bloccandolo nei sedimenti. Il trend di riscaldamento può aver provocato un innalzamento della temperatura degli oceani fino a una soglia critica oltre il quale il gas si è liberato ed è risalito fino ad entrare in atmosfera.

Struttura molecolare del metano idrato

Il metano ha un potere di "gas serra" molto superiore all'anidride carbonica e ne bastano concentrazioni decisamente inferiori per ottenere un riscaldamento climatico molto intenso. Si pensa quindi che questo sia stato l'effetto scatenante che ha prodotto il picco massimo di surriscaldamento. 


Quello che serve capire è che con il riscaldamento attuale potremmo provocare emissioni di metano incontrollato come già osservato in alcune zone della Siberia e liberare in atmosfera grandi giacimenti che adesso sono bloccati sotto il permafrost. Si raggiungerebbero condizioni climatiche che il nostro genere Homo non ha mai visto e non sappiamo come il nostro organismo potrebbe rispondere a queste condizioni

L'effetto di una esplosione di metano in Siberia.
Fonte: Corriere.it

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