giovedì 20 novembre 2014

Pistoia, Il dissesto degli anni '64-'66

Dopo aver raccontato come stiano le cose nel sottosuolo di Pistoia, è necessario portare a conoscenza tutti di un precedente storico che riguarda proprio il precario equilibrio fra la città e le acque che la attraversano.

Agli inizi del 1964 il centro storico di Pistoia fu interessato da fenomeni di fessurazione che si svilupparono nel tempo, prima interessando solo alcuni edifici per poi allargarsi a buona parte del nucleo storico della città e infine cessare istantaneamente all'inizio del 1967. Nel 1980 fu cercata una spiegazione a tale fenomeno e fu prodotto un documento fra gli Atti del XIV Convegno Nazionale di Geotecnica e firmato da R.Fancelli (CNR Pisa), P.Focardi e G.Vannucchi (Università di Firenze), F.Gozzi (Comune di Pistoia).

La zona di S.Andrea, dove si verificarono le prime lesioni del 1964.
Fonte: "718PistoiaSAndrea" di Geobia - Opera propria. Con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons 

Inizialmente i danni furono circoscritti alla zona di S.Andrea con il Palazzo Fabroni che cominciò a presentare crepe diffuse sui muri con cadute di intonaco dalle parti alte dell’edificio; essendo all’epoca sede di una Scuola Media, gli alunni e gli insegnanti furono trasferiti per sicurezza. In seguito anche le adiacenti case Romagnoli iniziarono a mostrare cedimenti: il pavimento del salone del primo piano si sollevò e si ruppe lungo la diagonale; inoltre apparvero sui muri lesioni considerevoli. Gli stessi fenomeni iniziarono a verificarsi anche in altri edifici della Via S.Andrea, compresa l’omonima Chiesa e la casa del parroco. Nell’evoluzione del dissesto anche Via Abbi Pazienza fu interessata dagli stessi fenomeni presso il Monte dei Pegni, casa Lomi-Lazzerini fino alla casa parrocchiale di S.Filippo; dopodiché sia la Chiesa dello Spirito Santo che di S.Francesco iniziarono a presentare gli stessi danni degli altri edifici. In questo percorso di estensione del fenomeno non fu risparmiata nemmeno La Sala dove crollarono le pareti interne dei tetti del vecchio mercato, costruiti in cemento armato solo dieci anni prima; anche le case di Piazzetta Romana e i marciapiedi di Via Buozzi presentarono crepe; persino la Chiesa della Madonna dell’Umiltà subì qualche danno seppur in misura minore. Alla fine del 1964 i danni vennero registrati su una superficie di 25000 metri quadri; un anno dopo invece avvennero su una superficie grande almeno il doppio e i pistoiesi erano preoccupati per questo fenomeno che non riusciva a trovare una spiegazione; durante questo periodo di “psicosi da dissesto” molti proprietari, timorosi di veder calare il valore dei propri immobili, non segnalarono mai eventuali danni se non in casi di lesioni gravi alle strutture. Una relazione dell’Ufficio Tecnico indicò come il 10-15% degli edifici che si trovano nell’area dal dissesto siano stati interessati da lesioni gravi; indicò anche che la spinta principale sia orizzontale con asse ovest-est in base all’esame dei danni riportati dagli edifici (pavimenti rialzati che avevano come base volte a botte al livello sottostante, che reggono bene le spinte verticali ma poco quelle orizzontali, appunto).

Le aree colpite dal dissesto. In giallo l'area interessata dai danni nel 1964 e in celeste quella interessata nel 1965.

Nell’analisi generale però è stato constatato che le case danneggiate erano assai vecchie, costruite in mattoni o pietrame, avevano fondazioni dirette e appoggianti direttamente su un terreno di riporto o su un conglomerato a matrice argillosa detto “pancone”, quindi poco profonde; molte di queste abitazioni erano state ampliate e rialzate successivamente oppure avevano cantine scavate senza fondazione. Da segnalare che in molti casi si verificarono allagamenti di cantine che erano state sempre asciutte e scantinati dove l’umidità e la muffa avevano raggiunto livelli mai visti almeno a memoria degli abitanti; questo avvenne non solo nelle aree interessate dal dissesto ma anche nelle aree più esterne al centro storico.

La “grande accusata” quindi di questo fenomeno fu la falda freatica. Furono fatte misurazioni e fu individuata ad una profondità variabile fra uno e tre metri, molto alta quindi e questo spiega il perché dei dissesti.
Più difficile invece individuare la causa che ha portato all’aumento del  suo livello. Infatti all’inizio del 1967 questi si abbassò progressivamente e cessarono improvvisamente anche i casi di lesioni alle abitazioni del centro storico. Sapendo bene che l’autunno-inverno del 1966 fu caratterizzato da piogge molto intense (vedi l’alluvione di Firenze il 4 novembre) mentre negli anni precedenti non vi furono piogge di particolare intensità, la causa dei dissesti doveva essere svincolata dalla quantità di precipitazioni sul territorio; il regime idrogeologico della falda doveva essere stato modificato quindi dall’improvviso crollo di due briglie sul torrente Ombrone il 6 dicembre ’66 in località Ponte alle Tavole (in quell’occasione crollò anche l’omonimo ponte). Bisogna tener conto che la falda freatica sul territorio pistoiese si muove in direzione NW-SE e attraversa il torrente Ombrone prima di raggiungere la città: in caso di piogge e comunque nella stagione ibnvernale, l’acqua che scorre lungo il torrente può ricaricare la falda e il crollo delle briglie (alte circa 3 metri) ha diminuito la quantità di acqua trattenuta lungo il fiume e che poteva infiltrarsi nel sottosuolo.

Le briglie però furono costruite fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo e quindi non potevano essere la causa di innesco del fenomeno (sebbene abbiano confermato che Ponte alle Tavole è il punto chiave per causare o prevenire dissesti pericolosi alla città di Pistoia), quindi fu individuata una modifica del regime idrogeologico ante ’64 nei lavori di dragaggio nella stessa area del fiume per ricavare materiale per l’ampliamento dell’autostrada A11, avvenuti negli anni ’62-’63 e compatibili con il successivo insorgere del dissesto.





Ponte alle Tavole. Luogo dove nel '66 crollò la briglia e poco dopo l'omonimo ponte.

In quell’occasione furono scavati circa 4-5 metri di materiale che probabilmente non consistevano solo in ghiaia e sabbia ma anche in limo che fungeva da impermeabilizzante naturale, aumentando le infiltrazioni nel terreno e provocando i danni che ormai ben conosciamo.

Considerando che le briglie non furono mai ricostruite e che lo spessore asportato non si è ancora ripristinato naturalmente, l’equilibrio idrogeologico della falda che interessa la città di Pistoia è molto precario e qualsiasi intervento sull’Ombrone può essere motivo di danni molto seri alla città. Se due briglie di 3 metri sono bastate per cagionare danni considerevoli a diverse abitazioni storiche, immaginiamo cosa potrebbe provocare una briglia alta quasi dieci metri proprio nella stessa zona (la pressione dell’acqua aumenta con l’altezza) nel momento in cui fosse davvero costruita la cassa di espansione ai Laghi Primavera; non solo quindi un rischio di crollo degli argini settecenteschi e pericolo inondazione della zona Ovest della città ma anche possibili allagamenti di seminterrati, problemi legati alla maggiore umidità degli edifici anche di recente costruzione e nuove lesioni agli edifici storici.

Inoltre, inteso come sia fragile e delicato il sistema delle acque sotterranee, dobbiamo chiederci se la costruzione del parcheggio di S.Bartolomeo in Pantano possa creare un ostacolo alla circolazione dell’acqua di falda e modificarne il percorso in maniera tale da compromettere la stabilità degli edifici storici che si trovano in tutta la zona Est entro il terzo cerchio di mura; questo considerando che già in fase di realizzazione potremmo avere variazioni locali del livello proprio per l’apertura dello scavo e possibili lesioni anche gravi ad abitazioni molto vecchie, nonché alla vicina Chiesa.

La Chiesa di S.Bartolomeo in Pantano nei pressi del quale potrebbe sorgere un parcheggio interrato.
Fonte: "PistoiaSBartolomeo01" di MM - Opera propria. Con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 tramite Wikimedia Commons 

martedì 18 novembre 2014

Pistoia e l'acqua, un legame geologico

Pistoia sorge al limite occidentale della piana detta di Pistoia-Prato-Firenze, un bacino di età plio-pleistocenica legato alla tettonica di distensione che ha seguito l’evoluzione verso nordest degli Appennini, formatisi nel corso del tempo geologico dalla collisione fra le placche Africana ed Euroasiatica.



La città è suddivisa in due zone che si trovano a quote differenti, separate da una scarpata ancora visibile nonostante l’urbanizzazione; la sua origine è incerta e sono state formulate due ipotesi che però non sono state verificate: la prima individua la causa nella possibilità che l’Ombrone scorresse una volta dove adesso si trova la Brana, girando verso Est all’altezza di Capostrada rispetto al percorso attuale e quindi abbia eroso parte della conoide alluvionale creatasi in epoche più remote, dopotutto l’influenza data dall’energia del torrente Ombrone rispetto agli altri corsi d’acqua della zona è decisamente superiore; una seconda ipotesi prevede che una faglia sepolta abbia ribassato una zona rispetto all’altra e questo sembrerebbe avvalorato da analisi eseguite negli anni ’60 che hanno rilevato come il substrato roccioso si trovi a quote differenti proprio in prossimità della scarpata e formi una dorsale che rappresentava il limite occidentale di tutto l’ambiente lacustre che si estendeva fino a Firenze e dove scorre adesso la Brana; a Ovest della dorsale invece si trovano sedimenti più grossolani di ambiente fluviale e di pertinenza dell’Ombrone.

La prima ipotesi prevede che l'Ombrone un tempo scorresse dove adesso vi è la Brana, attraversando la depressione del Lago di Scornio

La seconda ipotesi prevede una faglia. In rosso è evidenziata la dorsale che divide il mondo fluviale dell'Ombrone dal mondo lacustre della piana.


Questa separazione si fisica che in termini di origine mineralogica dei sedimenti (principalmente Arenaria Macigno nei sedimenti fluviali dell’Ombrone, marne e calcari Alberese per i sedimenti lacustri) ha profondamente influenzato anche lo sviluppo della città nel corso dei secoli.

Sezione stratigrafica dove si ricostrisce la presenza della dorsale calcarea sepolta.


Il primo insediamento di origine romana (doveva essercene anche uno etrusco, ipotizzato grazie al ritrovamento di alcuni cippi funerari nelle fondamenta del Palazzo de’ Vescovi  ma non è mai stato individuato) si trovava nella parte più alta (il punto più elevato si trova infatti in quella che è chiamata attualmente Piazzetta Romana) della conoide alluvionale e protetta dalle acque che allora ricoprivano la zona orientale dell’abitato attuale. Venne costruita la prima cerchia di mura che fu circondata da fossati le cui acque provenivano dall’Ombrone (l’attuale Ombroncello) e sfruttavano il percorso naturale della Brana. Anche con l’ampliamento della città in età longobarda e la costruzione della seconda cerchia di mura, la zona orientale continuava ad essere caratterizzata da un ambiente inospitale, tanto che vi sono ancora toponimi come San Bartolomeo in Pantano, Via di Nemoreto, la stessa Porta Guidi veniva chiamata Porta “al Pantano” e altri che rimandano a “piscina” o “palude” indicano come l’acqua fosse sempre presente in quelle zone.

I percorsi delle tre cerchie di mura e delle principali gore cittadine

Solo in età comunale si fanno gli interventi idraulici che finalmente bonificano le zone e le riparano dalle esondazioni che spesso avvenivano a sud della città: la Brana e la Bure sono stati deviati per confluire nell’Ombrone molto più a Ovest, così come la Stella che proviene da Serravalle.

Pistoia e i corsi d'acqua che scorrono nel suo territorio. In tratteggio sono indicati gli antichi corsi che sono stati deviati nel tempo.

Dopo la caduta di Pistoia in mano ai fiorentini, la seconda cerchia ricca di torri e merletti venne abbattuta per umiliare la città e ne venne costruita una terza che vide la Brana deviata artificialmente per seguire il percorso della nuova cinta muraria e la chiusura dell’antico corso in quella che oggi è chiamata Gora di Scornio; anche gli altri corsi d’acqua sono tuttora esistenti anche se chiusi sotto la pavimentazione stradale e sono utilizzati come impianto fognario del nucleo più antico.


Pistoia ha quindi un passato legato alle acque che prima la circondavano per buona parte e successivamente l’hanno attraversata (tuttora la attraversano) per mezzo dei fossi e delle molte gore tuttora visibili e documentate (famosi anche i numerosi mulini che sorsero in età comunale).

La falda acquifera in città è molto superficiale e le sue oscillazioni si trovano ad interagire direttamente con le fondamenta degli edifici: ritengo che ogni intervento che agisca sull’assetto idrogeologico del territorio sia da valutare con molta attenzione (mi riferisco alla cassa di espansione ai Laghi Primavera e al parcheggio sotterraneo di San Bartolomeo), data anche la natura geologica del substrato su cui la città sorge, ovvero sedimenti fluviali e lacustri che testimoniano come Pistoia debba il proprio passato ed il proprio futuro all’acqua che da sempre scorre sul proprio territorio.

sabato 15 novembre 2014

Pistoia, la cassa d'espansione non s'ha da fare (ai Laghi Primavera)

Ieri sera sono stato all'assemblea pubblica dove le associazioni di cittadini e ambientaliste hanno cercato di avvertire la popolazione sulle conseguenze legate al progetto di realizzazione di una cassa di espansione ai Laghi Primavera; un'opera giudicata fondamentale da parte dell'Amministrazione Pubblica e inutile se non dannosa da parte delle associazioni.

L'assemblea pubblica di ieri sera.


Breve cronostoria

Vista dei Laghi Primavera

L'idea di realizzare un'opera di regimazione delle acque e di mitigazione del rischio idraulico sul suolo pistoiese parte dalla fine dello scorso millennio, giustamente dico io: sempre più spesso la piana pistoiese (Bottegone, Quarrata, Ferruccia, Vignole, Casini, Caserana e altri) devono fare i conti con le esondazioni dei fossi minori (chiamati in gergo acque basse) che non riescono a defluire nell'Ombrone, il corso di acqua principale (detto di acque alte). Dopo vari anni di protocolli di intesa fra Comune, Regione, Consorzio di bonifica (procedimenti più politici che tecnici) si arriva a decidere che il Comune di Pistoia sarà l'attuatore di questa opera. E il Comune si mette all'opera, appunto.
E' nel 2007 che arriva il primo progetto di cassa di espansione ai Laghi Primavera. Ma qualcuno ci doveva aver pensato prima, molto prima a quei laghi. Esistono modelli di previsione di piena dall'Ombrone su scala duecentennale (significa una piena talmente eccezionale che statisticamente avviene ogni 200 anni) dove si evince che l'Ombrone così come è adesso esonderebbe nella zona sud (all'Ex Campo di Volo); con una cassa di espansione ai Laghi Primavera questo non accadrebbe. Il modello di previsione si spinge oltre, prevedendo che le condizioni idrauliche dell'Ombrone migliorerebbero se fossero costruite altre al Ponte Calcaiola, lungo il Vincio e a Pontelungo ma chissà perché viene tutto rigettato e solo la cassa di espansione ai Laghi Primavera rimane. Il motivo? Nel 2012 personalmente l'ho chiesto al Sindaco Bertinelli durante la festa locale della Casa del Popolo di Torbecchia; in quell'occasione rispose semplicemente che i terreni a vivaio sono troppo cari per essere espropriati; la zona dei laghi non lo è, inoltre già ha degli invasi che facilitano la costruzione, quindi due più due fa quattro; chiaramente sottolineando che la cassa di espansione deve essere fatta per la sicurezza del territorio.

Adesso, nel 2014, il progetto del 2007 è stato modificato perché i finanziamenti sono stati ridotti da 32 a 17 milioni euro, una cifra esorbitante per un'opera che come vederemo risolverebbe soltanto un problema, ovvero l'allagamento del nuovissimo Ospedale San Jacopo inaugurato nel 2013, costruito su un terreno di riporto degli anni '40 (durante la seconda guerra mondiale) per realizzare un campo per l'aviazione, deviando e costringendo il percorso naturale dell'Ombrone in una zona più a sud.

In questo momento il progetto si trova al Ministero dell'Ambiente per valutare se sia necessaria una nuova Valutazione di Impatto Ambientale oppure sia ritenuta valida quella ottenuta già per il progetto del 2007 che era più grande e invasivo sul territorio. Ci sono 45 giorni di tempo per fare opposizione e sarà fatta ma il supporto dei cittadini per fare leva sulle decisioni comunale sarà fondamentale.

Cosa è una cassa di espansione?

Una cassa di espansione è una zona allagabile delimitata da strutture quali argini, dighe e altre di strutture che permettano il trattenimento di una certa quantità di acqua durante una piena, al fine di non avere tracimazione e quindi inondazione di aree a rischio (zone residenziali o industriali).

Schema di una cassa di espansione detta "in derivazione", come quella pensata ai Laghi Primavera

Questo tipo di opera permette, come già detto, di raccogliere l'acqua in eccesso e rilasciarla successivamente quando le condizioni idrauliche lo permettono.

Schema di una diagramma di piena. Con la cassa di espansione in derivazione, si riduce la portata di acqua nel momento di maggior afflusso e si rilascia quando il livello dell'acqua nei fiumi ritorna sotto controllo.
Ci sono dei problemi tecnici legati alla realizzazione di un'opera come questa e sono parte delle osservazioni fatte sulla sua realizzazione nel contesto pistoiese:

  • Per far tracimare l'acqua in eccesso nella cassa di espansione è necessaria la costruzione di una briglia che permetta di creare un mini invaso dove l'acqua aumenta di livello fino a raggiungere la soglia necessaria per far tracimare l'acqua nella cassa. Questo provoca, all'interno del corso del fiume, un fenomeno di sedimentazione a monte (dove si accumula l'acqua) che in parte va a riempire il fondo della cassa di espansione, riducendone la portata) e di erosione a valle (con problemi di equilibrio idrogeologico delle acque sotterranee come vedremo già accaduto a Pistoia negli anni '60).
  • la quantità di acqua accumulata tende a infiltrarsi nel terreno e passsare sotto gli argini fino a raggiungere la superficie (che si trova a un livello più basso) nelle zone adiacenti. Questo problema può generare quello che viene detto "sifonamento", ovvero l'acqua potrebbe concentrarsi e uscire in alcune zone più "deboli" dal punto di vista di qualità dei sedimenti e causare danni sia da allagamento che danneggiamento di eventuali strutture vicine.

Problemi specifici dell'Ombrone, dei Laghi Primavera e dell'opera in questione

Ci sono inoltre dei pericoli che pare siano stati sottovalutati e che siano specifici per l'opera in questione:

L'Ombrone è un torrente e questo già ci dice che per la maggior parte dell'anno è secco e le sue piene sono appunto a carattere "torrentizio", ovvero con alta energia con un elevato carico di sedimenti trasportato dalle colline sopra Pistoia. Questi sedimenti ostruirebbero in men che non si dica il fondo della cassa e il percorso del fiume a monte della briglia per la tracimazione, diminuendone la portata; quindi senza una costosa e continua manutenzione, si aumenterebbe il rischio di esondazione e di rottura degli argini che, va ricordato, sono del tempo del Granducato e già indicati come il punto debole e rischioso di tutta l'opera: se uno degli argini dovesse cedere in un momento di piena, la zona Ovest della città (San Biagio, Vicofaro, Ponte alle Tavole, il Viale Adua in generale) sarebbe allagata e l'acqua tracimata andrebbe verso sud (verso il basso topografico) e potrebbe raggiungere l'Ospedale San Jacopo (già la zona fu alluvinata per la rottura di un argine dell'Ombrone più di un secolo fa).

La pressione data da diversi metri di acqua in più rispetto alla norma, faciliterebbero l'infiltrazione dell'acqua nel sottosuolo e potrebbero crearsi gli stessi problemi di danneggiamento dei livelli seminterrati delle abitazioni avuti a metà anni '60 quando, in occasione della costruzione dell'autostrada A11, furono dragati diversi metri di ghiaia e pietrisco dal corso dell'Ombrone; fu eliminato un filtro naturale creato dal fiume stesso nel corso del tempo geologico e il problema interessò fino a 50000 metri quadrati del centro Storico di Pistoia, distante pochi chilometri. Se a questo aggiungiamo il già citato problema di erosione del fondo del fiume a valle dello sbarramento, il problema potrebbe diventare ancora più grande di quello che si pensi. Inoltre, è bene ricordarlo, è in corso il progetto di costruzione di un parcheggio sotterraneo a San Bartolomeo detto "In Pantano", una delle zone colpite dai problemi di innalzamento della falda appena citato. Quindi un ulteriore rischio per la popolazione da cercare di evitare.

Per avere approvazione da parte della popolazione è stato detto agli abitanti della piana Pistoiese che la cassa di espansione risolverà i problemi di allagamento nelle loro zone: niente di più falso. Il livello delle acque dell'Ombrone è generalmente alto perché in quel tratto il fiume è costretto a scorrere in un letto piccolo per eventi di pena anche piccoli; quindi con la cassa di espansione il livello dell'Ombrone rimarrà alto (nel progetto si parla di un abbassamento calcolato in 11 centimetri, ovvero niente) più a lungo (per lo svuotamento successivo della cassa dopo l'evento di piena) e terrà chiuse le portelle che impediscono ai fossi minori di scaricare l'acqua in Ombrone perché si trovano a una quota più bassa; sono loro, le acque basse, il vero problema delle alluvioni nella piana.



L'Ombrone è un fiume che è alimentato dalla falda acquifera, ovvero l'acqua arriva solo se la falda acquifera si trova in superficie. Un ulteriore carico di pressione provocherebbe velocità e pressioni delle acque sotterranee molto maggiori e con possibilità di allagamenti delle zone vicine proprio per l'uscita dal sottosuolo dell'acqua in eccesso. Una cassa di espansione seria dovrebbe essere interrata e trovarsi a un livello più basso del fiume da dove riceve l'acqua in eccesso ma in questo caso è l'Ombrone che si trova a un livello più basso della campagna circostante. Quindi lo sbarramento lungo il fiume sarà molto alto e le casse non saranno interrate proprio perché la falda, quando l'Ombrone è in piena, si trova in superficie; quindi la cassa sarà sopraelevata con argini di alti 8 metri e larghi 30 metri, realizzata con terra di cattiva qualità perché presa dal Bacino della Giudea (o bacino di Gello) dove tra l'altro sembra ci furono problemi di contaminazione di cromo esavalente, un elemento altamente nocivo per la salute umana. Questo inoltre prevederà 34000 viaggi di camion fra Gello e i Laghi Primavera con tutte le conseguenze del caso sulla viabilità ordinaria.

Schema di un fiume come l'Ombrone. La linea tratteggiata rappresenta la falda acquifera che in occasione delle piogge si alza e riempe il fiume che altrimenti sarebbe in secca.

Quale potrebbe essere allora il luogo ideale per una cassa di espansione efficiente? 
Semplice, dove sorge il nuovo Ospedale San Jacopo: quello è sempre stato il luogo dove le acque dell'Ombrone si riverserebbero naturalmente (e naturalmente ci hanno costruito, tanto per farci riconoscere come bravi progettisti) oppure al Bottegone ma già molti anni addietro l'ex assessore provinciale Giovanni Romiti fece di tutto per bloccare quel progetto così vicino a casa sua e a scapito dei vivaisti (leggete questo interessante articolo che fa un'analisi precisa quanto triste di tutta la situazione)...

Come sempre vi consiglio un mio vecchio post sui problemi di alluvione della piana Pistoiese e un mio sfogo sullo stato del rischio idrogeologico in Italia e il consglio di guardare il video documentario #dissestoitalia, in attesa di avere notizie sugli ulteriori sviluppi di questa vicenda.

E speriamo di non dover dire addio a questo bellissimo luogo a pochi passi dalla città...


L'Ombrone in Primavera, molto amato dai pistoiesi...



giovedì 13 novembre 2014

Rosetta e Philae, dove c'è vita.

Ore 16:35 del 12 novembre 2014, un oggetto creato dall'uomo si posa per la prima volta sul nucleo di una cometa. Solo chi ha il cuore pieno di voglia di sapere, conoscere e capace di emozionarsi davanti alle nuove scoperte che ogni giorno spostano più avanti i nostri limiti, può comprendere quanta grandezza ci sia in questa frase.


Immagine della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Foto proprietà ESA-NASA


Perché è così importante studiare come è fatta una cometa? 
Le comete sono quello che è rimasto della creazione del nostro sistema solare e possono darci informazioni su come la vita possa essere nata o arrivata sulla Terra.

Nascita del sistema solare

L'ipotesi più accreditata al momento prevede che 4,6 miliardi di anni fa una supernova abbia investito con la sua onda energetica una nebulosa, comprimendola fino a farla collassare su se stessa: molta della materia (la più pesante) sarebbe stata condensata a tal punto da far salire la sua temperatura fino a innescare una fusione nucleare che ancora oggi possiamo ammirare nel cielo; la materia più leggera avrebbe iniziato a ruotare intorno al Sole nascente e, aggregandosi in seguito a collisioni prima fra particelle di polvere e poi fra frammenti sempre più grossi, si sarebbe disposta nello spazio come un disco e poi addensata in quelli che sarebbero diventati i pianeti che tutti conosciamo: Mercurio, Venere, Terra e Marte come pianeti rocciosi; Giove, Saturno, Urano e Nettuno come pianeti gassosi.


Schema di formazione del sistema solare. Foto tratta da Freepass.it - Luna

Le comete

Non tutta la materia circolante in questo nuovo sistema solare è andata a formare i pianeti, nella zona più esterna sono rimasti dei frammenti condensati di monossido di carbonio, ammoniaca, metano, acqua e anidride carbonica. Quando si trovano così lontano dal Sole i loro costituenti sono allo stato solido mentre sul nostro pianeta, molto più vicino, sono allo stato gassoso.
Alcuni di questi frammenti possono essere catturati dalla forza gravitazionale del Sole e iniziare a percorrere orbite che li portano periodicamente vicino a noi; qui il calore del Sole inizia a far evaporare parte della loro massa: in questa occasione si formano le famose scie che dalla Terra guardiamo con molta ammirazione e questo effetto sta alla base del loro nome di origine greca κομήτης (kométes), dotato di chioma; l'espulsione dei gas dall'interno delle comete avviene a pressioni così forti che queste possono ruotare su se stesse come se fossero dotate di motori simili a quelli usati nei razzi spaziali.


La cometa Hale Bopp. Foto tratta da Wikmedia.org

La missione Rosetta e la sonda Philae

Molti scienziati ad oggi sostengono che la vita sul nostro pianeta sia stata portata proprio dalle comete, considerate come il "congelatore" spaziale dei mattoni elementari necessari per la vita (gli amminoacidi); non hanno alterato la loro composizione originaria, risalente alla nascita del sistema solare quando la paleonebulosa da cui abbiamo avuto origine è stata investita dall'onda d'urto di una supernova; ecco quindi la necessità di indagare questi resti "fossili dei primi tempi" per capire se la vita fosse già presente ancora prima della nascita del Sole oppure si sia formata successivamente.

Già nel 1999 fu lanciata una sonda chiamata Stardust che raccolse frammenti rilasciati dalla coda della cometa Wild 2 trovandovi tracce di materia organica.

Adesso il lander Philae, portato dalla sonda Rosetta lanciata nel 2004,  è atterrato per poter analizzare in loco la composizione e la struttura di una cometa.
Gli strumenti a bordo della sonda permetteranno di:
  • analizzare la composizione chimica della cometa
  • riconoscere e analizzare eventuali molecole organiche complesse
  • studiarne la struttura e misurarne le proprietà fisiche
  • studiare come il vento solare influisce sulla cometa
Come già accennato in un mio vecchio post, tutto questo viene studiato dai geologi!!!


Intanto vi consiglio un giro sulla pagina ufficiale di Rosetta per ammirare altre foto e atri video, in attesa dei primi risultati...