lunedì 28 novembre 2016

La Pietra Alberese

Fra le pietre ornamentali e da costruzione più diffuse in Toscana, il calcare alberese è una di queste. Il naturalista Giovanni Targioni Tozzetti, verso la fine del '700, ipotizzò che la presenza di figure a forma di "alberelli" sulle superfici di strato fosse il motivo per cui si iniziò a identificarlo con questo nome.
Si tratta di un calcare marnoso (ovvero con una bassa percentuale di argille) di colore grigio o nocciola; una lunga esposizione alla luce riesce però a schiarirlo fino a risultare quasi bianco.

In scuro i cosiddetti "alberelli" che danno il nome a questo tipo di calcare marnoso.

Inquadramento geologico

Questo tipo di calcare proviene da depositi oceanici di origine alpina che risalgono al Paleocene/Eocene inferiore (fra 65 e 50 milioni di anni fa circa). 
L'oceano esistente allora e chiamato Ligure-Piemontese (leggi questo articolo per saperne di più), è stato suddiviso dai geologi in due Domini, Interno ed Esterno (uno più occidentale e l'altro più orientale). Il Dominio Ligure Esterno è formato da diversi depositi, delimitati da contatti tettonici (sovrascorrimenti) e uno di questi è chiamato Unità Morello. Questa unità è composta da alcune formazioni: Sillano, Pietraforte, Pescina e Monte Morello (che è un famoso rilievo vicino a Firenze). I depositi di calcare alberese fanno parte di questa ultima formazione, assieme a depositi di marne (misto di carbonati e argille) e flysch carbonatici (i flysch sono depositi di frane sottomarine).
In Toscana viene generalmente denominato alberese anche il calcare o calcare marnoso di colore bianco o grigio, cavato nell'area di Santa Fiora sull'Amiata o nell'area pisana.
Schema delle unità tettoniche fra la placca europea e quella africana (Adria).
Nel rettangolo nero la posizione dell'Unità Morello.

L'unità Morello (1), conosciuta anche come Supergruppo della Calvana
quando la suddivisione non era su base tettonica ma formazionale,
comprendendo vaste aree della Toscana e alto Lazio (2 e 3).


Utilizzo

Già i romani si sono serviti del calcare alberese per la costruzione. A Firenze sono stati trovati tratti di acquedotto e di strade costruite proprio con questa pietra. Ma è a Prato e Pistoia che il suo utilizzo ornamentale è maggiore, negli edifici sacri di età medioevale, in accoppiata con il Verde di Prato per la realizzazione dello stile romanico.
Esempio di stile romanico: La chiesa di San Bartolomeo in Pantano a Pistoia

L'utilizzo del Verde di Prato e di Alberese nella chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, sempre a Pistoia.


Un altro utilizzo comune è la produzione della calce. Il calcare a 900 °C perde tutti i composti volatili (anidride carbonica ed acqua), tale processo è detto calcinazione. Quella che si ottiene è chiamata calce viva (CaO). L'aggiunta di acqua trasforma questa in calce spenta (Ca(OH)2). Se lasciata maturare in una vasca con eccesso di acqua, si ha la formazione del grassello, utilizzato per alcuni impieghi di muratura e per gli intonaci. Con l'aggiunta di sabbia forma un legante che indurisce con il tempo: l'esposizione all'aria permette l'assorbimento dell'anidride carbonica dall'atmosfera, formando nuovamente carbonato di calcio (CaCO3) che cementa i granelli di sabbia con il materiale utilizzato, spesso ghiaie e ciottoli. 


mercoledì 9 novembre 2016

Donald Trump e il riscaldamento globale

9 novembre 2016. Una data storica per il mondo intero. Il 45° Presidente degli Stati Uniti d'America è il miliardario Donald Trump. I risvolti politici ed economici saranno tutti da verificare ma quello di cui vorrei parlare in questa occasione è del rapporto del neoeletto Trump con il fenomeno del riscladamento globale.

"E' tutta una bufala"

Secondo il "Tycoon" il riscaldamento globale è una invenzione per danneggiare l'economia americana. Così esordiva su Twitter ormai quattro anni fa, facendo capire cosa ne pensava già allora.
In campagna elettorale ha promesso di stracciare gli accordi di Parigi (COP 21) per poter favorire la ripresa economica del proprio paese, anche se esiste una clausola che impedisce ad uno Stato di abbandonare gli impegni prima di 4 anni.

Come prova, Trump evidenzia come il clima si stia raffreddando ma, capirete, la situazione non è semplice da spiegare ed è in effetti legata all'attività antropica... A questo proposito consiglio due miei post al riguardo:

Scontro con la Cina

Il grande paese asiatico è uno dei maggiori detentori del debito pubblico americano. In questi anni Obama si è speso molto per raggiungere accordi di partnership per lo sviluppo di tecnologie "green", dando un nuovo impulso a livello globale nel contrasto all'inquinamento (vedi il progetto Mission Innovation). Trump ha sempre indicato la Cina come uno dei maggiori mali che bloccano lo sviluppo economico americano. La sua probabile (adesso avvenuta) elezione ha portato lo Stato asiatico ad esprimere forte preoccupazione per gli equilibri ambientali ( di conseguenza anche economici).


Più combustibili fossili

Se da una parte Trump crede nell'inutilità di investire risorse nella "bufala" del riscaldamento globale e nelle tecnologie "green", dall'altra si è impegnato a spingere per una nuova corsa ai combustibili fossili. In una dichiarazione di questa primavera, in piena campagna elettorale, ha promesso di tagliare i fondi federali destinati al settore climatico, così da poter risparmiare fino a 100 miliardi di dollari (praticamente tutto il finanziamento statale destinato a questo scopo). Gli investimenti (come dichiarato in un'altra occasione) andrebbero invece a dare un nuovo e forte impulso al settore estrattivo di carbone, gas e petrolio, anche attraverso l'utilizzo della controversa tecnologia del fracking.



A questo punto, vedremo cosa succederà. Dobbiamo comunque ricordare che una cosa è fare dichiarazioni in campagna elettorale per vincere le elezioni, un'altra è trovarsi davvero a prendere decisioni che hanno un impatto globale.

venerdì 4 novembre 2016

L'alluvione del 1966, 50 anni dopo

A 50 anni di distanza, è un dovere ricordare ciò che avvenne in Italia nei primi giorni di quel novembre. Nell'immaginario collettivo tornano subito alla mente le immagini di Firenze, invasa dalle acque dell'Arno, e tutte quelle opere d'arte di inestimabile valore che venivano rovinate per sempre, mentre il popolo tentava il tutto per tutto per salvarle. Ma è stata anche una storia di artigiani e commercianti che dovettero far fronte ai danni occorsi alle proprie attività; semplici abitanti che abitavano al piano terreno delle zone allagate e che videro i loro pochi beni rovinati irrimediabilmente. 
Fu un evento che non colpì soltanto Firenze che ne è l'immagine più rappresentativa; in quei giorni il Valdarno, la piana fiorentina, pratese e pistoiese, Pontedera, Grosseto e la Maremma furono anch'esse allagati dalle esondazioni dei rispettivi corsi d'acqua. Anche l’Italia centro-settentrionale fu teatro di disastri: alluvioni nel Veneto, tra cui il Polesine già sommerso nel 1951 e l'acqua alta a Venezia; nonché le alluvioni nel Trentino (la stessa Trento fu colpita dallo straripamento dell’Adige).

Ma parliamo dell'evento simbolo della giornata odierna, Firenze.

Il quadro climatico

Già ottobre fu molto piovoso ed il sottosuolo era già saturo di acqua, incapace quindi di assorbire ulteriori piogge. Dalle 12 del 3 novembre iniziò a piovere intensamente per 18 ore. Furono stimati circa 200 mm di pioggia su un'area di 9000 mq; in 24 ore l'Arno trasportò circa 400 milioni di metri cubi d’acqua. 
Le precipitazioni del 4 novembre 1966. In viola l'intensità maggiore

L'onda di piena arrivò a Firenze durante la notte. Alle 6 del mattino le spallette cedettero e l'acqua si riversò nelle strade, aumentando di livello fino a raggiungere i sei metri di altezza. Soltanto durante la sera successiva l'acqua iniziò a ritirarsi, lasciando la devastazione che abbiamo ben impressa nella nostra mente.
Santa Croce devastata dalle acque dell'Arno

I risvolti politici.

Il decreto ministeriale 23 novembre 1966 affidò alla Commissione Interministeriale per lo Studio della Sistemazione Idraulica e la Difesa del Suolo, più nota come Commissione De Marchi, il compito di “esaminare i problemi tecnici, economici, amministrativi e legislativi interessanti al fine di proseguire ed intensificare gli interventi necessari per la generale sistemazione idraulica e di difesa del suolo, sulla base di una completa e aggiornata programmazione”.
Questo produsse la nascita delle Autorità di Bacino, dove i problemi sono affrontati alla scala dell' intero bacino idrografico e non separati dai confini amministrativi, dove ognuno pensava interventi in funzione solo del proprio territorio, senza valutare gli effetti sulle amministrazioni confinanti.

La Commissione De Marchi

I punti critici

In città, due sono i punti dove gli studi successivi all'evento si sono concentrati: il Ponte Vecchio e il Ponte di Santa Trinita. I piloni di sostegno dei ponti riducono notevolmente la portata del fiume; negli anni sono state abbassate le platee di un metro per aumentare la portata da 3000 a 3400 metri cubi al secondo (la piena del 1966 raggiunse i 4000 metri cubi al secondo). Molti altri interventi minori, eseguiti e previsti, hanno lo scopo di ridurre al minimo i "rigurgiti" e le turbolenze, che riducono la velocità del flusso e l'aumento del volume di acqua.
Il Ponte Vecchio. Le arcate sottostanti sono completamente sommerse.

Fuori città, la zona a sudovest di Firenze quali le Cascine e tutta l'area fino a Scandicci sono a maggior rischio esondazione rispetto al centro città: è previsto che una nuova esondazione dell'Arno in queste aree avverrebbe molto prima rispetto alla zona del centro storico.

Gli ultimi interventi comunque si sono concentrati a monte della città di Firenze. Studi idraulici hanno dimostrato che la diga di Bilancino, inaugurata nel 1999, è stata costruita troppo a monte rispetto al percorso della Sieve, rendendo pressoché inutile la sua funzione di mitigazione del rischio idraulico a Firenze. Quindi è stato previsto di agire nel Valdarno. La diga di Levane, nella sua configurazione attuale, non produce alcun effetto di mitigazione ma un suo innalzamento potrebbe ridurre la portata di piena di un 5-10%. Anche a Figline è prevista la costruzione di un invaso che permetterà una ulteriore riduzione della portata di piena di un valore superiore al 10%. Un ulteriore ampliamento sembrava previsto anche per la diga de La Penna ma dalle ultime dichiarazioni della Regione sembra che questo intervento possa essere evitato grazie agli effetti, considerati sufficienti, degli altri interventi.
Diga di Levane. Foto tratta da Wikipedia.