mercoledì 21 maggio 2014

GeoTrip #3: Sinis, le verità nascoste

Sardegna. Nominarla è già sufficiente per evocare mare cristallino, cielo azzurro, sole e spiagge da cartolina. La Sardegna però è anche trekking con le sue montagne aspre e selvagge del Supramonte, alpinismo con le scogliere mozzafiato del Golfo di Orosei, oasi con i cavallini e la natura selvaggia della piana di Gesturi o i fenicotteri del Golfo di Cagliari. Molti sanno che se dici Sardegna dici anche nuraghe, queste costruzioni caratteristiche che meriterebbero sicuramente un post (lunghissimo) a parte e che sono la carta d’identità di tutto il popolo sardo e di chi si sente dentro, sardo. Tutta l’isola è disseminata di nuraghe, ne sono stati recensiti circa 7000 e ancora molti altri sono da scoprire o da catalogare; una zona in particolare però ha attirato la mia attenzione per il profumo di Storia che traspira da ogni metro quadrato del suo territorio: il Sinis.

Capo San Marco. Fonte Wikimedia.org

Nascita della Sardegna

La Sardegna, assieme alla Corsica, fa parte di un blocco di continente europeo staccatosi dalla Francia meridionale formando quella porzione di Mediterraneo chiamata Bacino Balearico e, guidata dalla tettonica nello scontro fra Europa e Africa (leggi QUI un post con un riferimento al riguardo), ha ruotato in senso antiorario fino a raggiungere l’attuale posizione fra i 15 e i 20 milioni di anni fa, nel Miocene. La conformazione di isola è arrivata in questo momento, con l’apertura del Mare Tirreno e la separazione dal resto dei depositi che, accavallandosi in falde, è andato a sovrascorrere sulla placca africana a formare gli Appennini e il resto della nostra penisola.

Schema di rotazione del blocco sardo-corso. Fonte Hispeed.ch


La Sardegna è una regione con rocce che superano il mezzo miliardo di anni di età ed è particolarmente interessante per avere ancora traccia della formazione della Pangea (mentre i nostri Appennini hanno la traccia della successiva spaccatura) in quella che si chiama Linea Posada-Asinara, dove è stata ipotizzata essere la linea di chiusura di un antichissimo oceano che divideva due paleocontinenti.

Nell’isola abbiamo la presenza di rocce metamorfiche antichissime, intrusioni magmatiche che superano i 250 milioni di anni e manifestazioni vulcaniche sia mioceniche che plio-pleistoceniche; abbiamo coperture sedimentarie carbonatiche del mesozoico (rappresentate splendidamente dai famosi Tacchi d’Ogliastra) e rocce sedimentarie più recenti, legate alle recenti fasi erosive di un territorio già emerso dal mare.

Perda 'e Liana, il simbolo dei Tacchi d'Ogliastra,
è uno dei tanti testimoni di una piattaforma carbonatica del mesozoico
appoggiata su rocce paleozoiche. Fonte: wikimedia.org


Il Sinis

Il Sinis è legato in parte alla vicina isola di Malu Entu (Mal di Ventre, espressione italianizzata che non ha niente a che vedere con il vero nome dell’isola, ovvero “Cattivo Vento”) e alla messa in posto di quello che viene chiamato “Batolite Sardo Corso”, una intrusione magmatica avvenuta nel Cambriano (circa 300 milioni di anni fa) e che caratterizza buona parte di tutta la Sardegna. 



Fonte: wikimedia.org
Le famose spiaggie di Is Aruttas e Mari Ermi sono formate con i frammenti di granito erosi dall’isola e trasportati sulle coste del Sinis a formare queste stupende spiagge a grana grossa, diversamente colorata secondo la propria composizione: nero per la biotite, arancio per i feldspati, grigio per i plagioclasi e bianco per il quarzo.
Inoltre la penisola del Sinis e l'isola di Malu Entu fanno parte di un'area marina protetta.

Particolare della spiaggia di Is Aruttas, dove è possibile riconoscere i minerali al colore.
Di fronte ad essa, Malu Entu: l'isola di granito da cui provengono i sedimenti che formano la spiaggia. 

La penisola del Sinis però è quello che rimane di un deposito di calcari miocenici (fra i 5 e 11 milioni di anni), un ambiente quindi sommerso ma non molto profondo, accompagnato da rocce vulcaniche dello stesso periodo e sopra di esse troviamo infine arenarie e basalti di età pliocenica, depositati prima della emersione e seguiti quindi dai depositi eolici di ambiente emerso.

Blocchi di basalto, arenaria e calcare sono ben visibili in tutta la penisola,
soprattutto lungo la spiaggia di Capo San Marco

Tharros


In tutta la penisola, la parte del leone la fa l’insediamento archeologico di Tharros, dove troviamo la testimonianza di civiltà nuragica, fenicia, punica e romana.



Particolare delle rovine di Tharros (queste colonne comunque non sono originali!)
Fonte: wikimedia.org

Non entro in merito al contesto archeologico di cui non sono esperto (e di cui vi rimando QUI per saperne di più) ma ultimamente anche la geologia ha dato (ed avuto) il suo contributo da questo prezioso angolo di paradiso.
La nascita dell’insediamento rimane in dubbio: inizialmente la paternità fu attribuita ai fenici, poi il ritrovamento di alcuni muri sommersi che fecero pensare ad un antico porto sott’acqua, accesero una lampadina sulla possibilità di calcolare l’età di Tharros tramite la velocità di risalita del livello marino: Il problema è che coloro che studiano e propongono modelli per le varie curve di risalita eustatica, utilizzano anche le datazioni degli archeologi su manufatti antropici o tombe per fare le varie correlazioni; quindi se gli archeologi sbagliano, anche la curva di risalita ricostruita sarà potenzialmente errata.

Curve di risalita eustatica (anche per la Sardegna) proposte da Antonioli et al. 2006

Verità nascoste?

Quello che si capisce volgendo lo sguardo un po’ più avanti, oltre le recinzioni della Sovrintendenza, è che tutta la penisola brulica di Storia: ogni angolo conserva la presenza di una testimonianza del passato, un blocco apparentemente naturale che si rivela parte di una costruzione oppure incisioni sulla pietra arenaria che rimandano a ipotesi affascinanti che meriterebbero di essere approfondite.

(Qui di seguito alcuni scatti fatti personalmente sulla spiaggia a San Giovanni; si capisce come mai dico che qui, più di altrove, la Storia si trova in ogni metro quadrato)






Vi sono state trovate iscrizioni che rimandano all’Egitto dei faraoni, volti misteriosi che potrebbero essere di chissà quale epoca (antichissima come medioevale) che purtroppo, mineralogicamente parlando, non possono essere datate con gli strumenti attuali e la causa è da attribuire essenzialmente alla Sardegna stessa: un’isola antichissima, fatta di rocce antichissime, composte con minerali antichissimi. Quelli che noi vediamo oggi sono i più resistenti (il quarzo è uno di questi) e gli ultimi ad essere ancora qui dopo milioni e milioni di anni di alterazione, un tempo molto maggiore della Storia Umana che al massimo ha solo qualche migliaio di anni; quindi impossibile datare le iscrizioni stesse.

Iscrizione in geroglifici (hanno un significato, non sono disegni a caso)
visibili lungo la spiaggia a San Giovanni.
  
In questo Geotrip non posso consigliare un itinerario specifico perché ogni metro quadrato di questa penisola del Sinis è da vedere, scoprire e assaporare sia geologicamente parlando, osservando le arenarie e i basalti durante una passeggiata sulla spiaggia oppure i calcari del tortoniano a picco sul mare che storicamente, apprezzando il gusto dei romani nell’edificare il loro teatro vista mare oppure cercando di scoprire nuovi segni sulla roccia, magari portati alla luce solo per poco tempo dalla forza del mare che copre e scopre le coste di questa penisola di stagione in stagione.

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