Sardegna. Nominarla è già
sufficiente per evocare mare cristallino, cielo azzurro, sole e spiagge da
cartolina. La Sardegna però è anche trekking con le sue montagne aspre e
selvagge del Supramonte, alpinismo con le scogliere mozzafiato del Golfo di
Orosei, oasi con i cavallini e la natura selvaggia della piana di Gesturi o i
fenicotteri del Golfo di Cagliari. Molti sanno che se dici Sardegna dici anche nuraghe,
queste costruzioni caratteristiche che meriterebbero sicuramente un post
(lunghissimo) a parte e che sono la carta d’identità di tutto il popolo sardo e
di chi si sente dentro, sardo. Tutta l’isola è disseminata di nuraghe, ne sono
stati recensiti circa 7000 e ancora molti altri sono da scoprire o da catalogare;
una zona in particolare però ha attirato la mia attenzione per il profumo di
Storia che traspira da ogni metro quadrato del suo territorio: il Sinis.
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Capo San Marco. Fonte Wikimedia.org |
Nascita della Sardegna
La Sardegna, assieme alla Corsica,
fa parte di un blocco di continente europeo staccatosi dalla Francia
meridionale formando quella porzione di Mediterraneo chiamata Bacino Balearico
e, guidata dalla tettonica nello scontro fra Europa e Africa (leggi QUI un post
con un riferimento al riguardo), ha ruotato in senso antiorario fino a raggiungere
l’attuale posizione fra i 15 e i 20 milioni di anni fa, nel Miocene. La
conformazione di isola è arrivata in questo momento, con l’apertura del Mare
Tirreno e la separazione dal resto dei depositi che, accavallandosi in falde, è
andato a sovrascorrere sulla placca africana a formare gli Appennini e il resto
della nostra penisola.
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Schema di rotazione del blocco sardo-corso. Fonte Hispeed.ch |
La Sardegna è una regione con
rocce che superano il mezzo miliardo di anni di età ed è particolarmente
interessante per avere ancora traccia della formazione della Pangea (mentre i
nostri Appennini hanno la traccia della successiva spaccatura) in quella che si
chiama Linea Posada-Asinara, dove è stata ipotizzata essere la linea di chiusura
di un antichissimo oceano che divideva due paleocontinenti.
Nell’isola abbiamo la presenza di
rocce metamorfiche antichissime, intrusioni magmatiche che superano i 250 milioni
di anni e manifestazioni vulcaniche sia mioceniche che plio-pleistoceniche;
abbiamo coperture sedimentarie carbonatiche del mesozoico (rappresentate
splendidamente dai famosi Tacchi d’Ogliastra) e rocce sedimentarie più recenti,
legate alle recenti fasi erosive di un territorio già emerso dal mare.
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Perda 'e Liana, il simbolo dei Tacchi d'Ogliastra, è uno dei tanti testimoni di una piattaforma carbonatica del mesozoico appoggiata su rocce paleozoiche. Fonte: wikimedia.org |
Il Sinis
Il Sinis è legato in parte alla
vicina isola di Malu Entu (Mal di Ventre, espressione italianizzata che non ha
niente a che vedere con il vero nome dell’isola, ovvero “Cattivo Vento”) e alla
messa in posto di quello che viene chiamato “Batolite Sardo Corso”, una
intrusione magmatica avvenuta nel Cambriano (circa 300 milioni di anni fa) e
che caratterizza buona parte di tutta la Sardegna.
Le famose spiaggie di Is
Aruttas e Mari Ermi sono formate con i frammenti di granito erosi dall’isola e
trasportati sulle coste del Sinis a formare queste stupende spiagge a grana
grossa, diversamente colorata secondo la propria composizione: nero per la
biotite, arancio per i feldspati, grigio per i plagioclasi e bianco per il
quarzo.
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Particolare della spiaggia di Is Aruttas, dove è possibile riconoscere i minerali al colore.
Di fronte ad essa, Malu Entu: l'isola di granito da cui provengono i sedimenti che formano la spiaggia. |
La penisola del Sinis però è
quello che rimane di un deposito di calcari miocenici (fra i 5 e 11 milioni di
anni), un ambiente quindi sommerso ma non molto profondo, accompagnato da rocce
vulcaniche dello stesso periodo e sopra di esse troviamo infine arenarie e
basalti di età pliocenica, depositati prima della emersione e seguiti quindi
dai depositi eolici di ambiente emerso.
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Blocchi di basalto, arenaria e calcare sono ben visibili in tutta la penisola,
soprattutto lungo la spiaggia di Capo San Marco |
Tharros
In tutta la penisola, la parte
del leone la fa l’insediamento archeologico di Tharros, dove troviamo la
testimonianza di civiltà nuragica, fenicia, punica e romana.
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Particolare delle rovine di Tharros (queste colonne comunque non sono originali!)
Fonte: wikimedia.org
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Non entro in merito al contesto
archeologico di cui non sono esperto (e di cui vi rimando QUI per saperne di
più) ma ultimamente anche la geologia ha dato (ed avuto) il suo contributo da
questo prezioso angolo di paradiso.
La nascita dell’insediamento
rimane in dubbio: inizialmente la paternità fu attribuita ai fenici, poi il
ritrovamento di alcuni muri sommersi che fecero pensare ad un antico porto sott’acqua,
accesero una lampadina sulla possibilità di calcolare l’età di Tharros tramite
la velocità di risalita del livello marino: Il problema è che coloro che
studiano e propongono modelli per le varie curve di risalita eustatica,
utilizzano anche le datazioni degli archeologi su manufatti antropici o tombe per
fare le varie correlazioni; quindi se gli archeologi sbagliano, anche la curva
di risalita ricostruita sarà potenzialmente errata.
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Curve di risalita eustatica (anche per la Sardegna) proposte da Antonioli et al. 2006 |
Verità nascoste?
Quello che si capisce volgendo lo
sguardo un po’ più avanti, oltre le recinzioni della Sovrintendenza, è che
tutta la penisola brulica di Storia: ogni angolo conserva la presenza di una
testimonianza del passato, un blocco apparentemente naturale che si rivela
parte di una costruzione oppure incisioni sulla pietra arenaria che rimandano a
ipotesi affascinanti che meriterebbero di essere approfondite.
(Qui di seguito alcuni scatti fatti personalmente sulla spiaggia a San Giovanni; si capisce come mai dico che qui, più di altrove, la Storia si trova in ogni metro quadrato)
Vi sono state trovate iscrizioni che rimandano all’Egitto dei faraoni, volti misteriosi che potrebbero essere di chissà quale epoca (antichissima come medioevale) che purtroppo, mineralogicamente parlando, non possono essere datate con gli strumenti attuali e la causa è da attribuire essenzialmente alla Sardegna stessa: un’isola antichissima, fatta di rocce antichissime, composte con minerali antichissimi. Quelli che noi vediamo oggi sono i più resistenti (il quarzo è uno di questi) e gli ultimi ad essere ancora qui dopo milioni e milioni di anni di alterazione, un tempo molto maggiore della Storia Umana che al massimo ha solo qualche migliaio di anni; quindi impossibile datare le iscrizioni stesse.
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Iscrizione in geroglifici (hanno un significato, non sono disegni a caso)
visibili lungo la spiaggia a San Giovanni. |
In questo Geotrip non posso
consigliare un itinerario specifico perché ogni metro quadrato di questa
penisola del Sinis è da vedere, scoprire e assaporare sia geologicamente
parlando, osservando le arenarie e i basalti durante una passeggiata sulla
spiaggia oppure i calcari del tortoniano a picco sul mare che storicamente,
apprezzando il gusto dei romani nell’edificare il loro teatro vista mare oppure
cercando di scoprire nuovi segni sulla roccia, magari portati alla luce solo
per poco tempo dalla forza del mare che copre e scopre le coste di questa
penisola di stagione in stagione.